LA MELA ED IL MITO: IL MITO DEL LAVORO DALLA GENESI AI GIORNI NOSTRI
- Celotto Antonio
- 14 dic 2022
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 27 gen

Una delle rappresentazioni dell’inizio della storia dell’umanità è la scena di Adamo che viene cacciato dal Paradiso terrestre per aver mangiato una mela. Una punizione severissima e un mito quasi incomprensibile ai giorni nostri: Adamo viene condannato a lavorare e Eva a partorire con dolore perché sfida l’autorità divina sul campo della conoscenza, o perché semplicemente non rispetta le regole e si fa vincere dal desiderio.L’umanità potrebbe iniziare da qui, o rischia di iniziare da qui, se non fosse che negli anni questa idea del lavoro come condanna viene superata, restituendo centralità alla conoscenza e dignità alle umane occupazioni. Nonostante il legno dell’umanità sia storto, come è noto, siamo riusciti anche a superare un’altra verità storica che spesso tendiamo a rimuovere: il disvalore di un lavoro che era il destino e la condanna di chi non era libero, ma ridotto in schiavitù, o semplicemente era al fondo della scala sociale. Un’idea altrettanto inconcepibile nei tempi nostri, tempi in cui il lavoro è praticamente un tutto positivo ed indistinto che redistribuisce le risorse e il senso sociale, deriva dal merito e genera l’unico valore possibile, quello della crescita economica e dell’inclusione sociale.Si pensa che il mondo nuovo, quello delle macchine e dei dati e degli algoritmi che puntano all’infallibilità, possa essere un contemporaneo in cui l’uomo, fallibile, è finalmente “liberato” dal lavoro. Un mondo in cui le persone contano perché producono dati e non manufatti. Ed in cui la tecnologia rende tutto più facile, accessibile, sicuro e veloce. Ad oggi il mondo nuovo è semplice utopia, in transizione continua e alla ricerca di senso, senza il quale non c’è conoscenza e non c’è innovazione. Domani non sappiamo. Con buona pace di Schumpeter oggi si distrugge, ma non si ricrea, al massimo si ricombina e si cerca di un paradigma che dia una chiave dilettura possibile alla velocità di questo cambiamento.“Si va verso il futuro solo se con lo sguardo ben ancorato al passato”. La storia è ricca di avvenimenti che danno l’opportunità di riflettere sulla vita collettiva, riproponendo questioni attuali e sempre aperte. Il festival del Classico, giunto alla sua quinta edizione parla del presente attraverso la storia e la rilettura dei “classici”, e spinge verso il futuro con lo sguardo ben ancorato al passato.Luciano Canfora, ordinario di Storia Antica all’università Aldo Moro di Bari è il presidente onorario dell’iniziativa che quest’anno al Circolo dei Lettori di Torino ha affrontato il tema del lavoro rileggendone le rappresentazioni, dalla Genesi ai giorni nostri, e cercando nella storia gli strumenti per capire dove si va oggi e dove si potrebbe andare domani.Negli ultimi anni è sembrato che sia la conoscenza sia il lavoro fossero usciti dal dibattito e soprattutto dal discorso pubblico, per rientraci nel forme semplificate che dal dopo pandemia sono diventati veri e propri Hype sui social. ll lavoro è cambiato e sta cambiando da tutti i punti di vista, si parla oggi di felicità, di soddisfazione personale, di bilanciamento dei tempi di vita e di lavoro, ma non si torna all’utopia del non lavorare. Se prestiamo attenzione davvero e senza pregiudizi alle ultime tendenze YOLO, dobbiamo ammettere che siamo di fronte non ad un esercito di opportunisti e cazzaroni viziati, ma a rivendicazioni di senso che siano coerenti con il mondo nuovo e con il suo modo di attribuire valore alle azioni e alle cose del quotidiano. Il dibattito che semplifica e polarizza il mondo giovanile in bamboccioni e sfruttati è ingenuo e non porta da nessuna parte.Di sicuro non aiuta a capire come mai il lavoro è povero e come mai la gente si dimette.
Genesi 3:16-24
16 Alla donna disse: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà».17 All’uomo disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero, di cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare,maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita.18 Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba campestre.19 Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!».20 L’uomo chiamò la moglie Eva, perché essa fu la madre di tutti i viventi.21 Il Signore Dio fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì.22 Il Signore Dio disse allora: «Eccol’uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora, egli non stenda più la mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva sempre!».23 Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da dove era stato tratto.24 Scacciò l’uomo e pose ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all’albero della vita.
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